Introduzione al Buddhismo

ในห้อง 'ทวีป ยุโรป' ตั้งกระทู้โดย tanawat, 17 มิถุนายน 2007.

  1. tanawat

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    &copy; Ass. Santacittarama. Tutti i diritti sono riservati.
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    Il sentiero buddhista
    Virt&ugrave;
    Meditazione
    Saggezza
    Sul sentiero
    Il termine "Buddhismo" abbraccia una grande variet&agrave; di forme di pratica religiosa. Tutte, per&ograve;, hanno come fonte di ispirazione Siddhattha Gotama, che visse e insegn&ograve; nell'India del nord circa 2500 anni fa e che storicamente divenne noto con l'appellativo di Buddha, ossia il Risvegliato, un uomo che ha conseguito una profonda saggezza grazie ai propri sforzi. Il Buddha non scrisse nulla, ma lasci&ograve; la cospicua eredit&agrave; del suo insegnamento - il Dhamma - che in principio veniva trasmesso oralmente dall'ordine religioso da lui fondato e che egli stesso guid&ograve; per quarantacinque anni - il Sangha.
    Questo Ordine &egrave; sopravvissuto nei secoli, custodendo la saggezza del Buddha nello stile di vita e nella parola. Ancor oggi questi tre elementi - il Buddha, il Dhamma e il Sangha - sono conosciuti e rispettati da tutti i buddhisti come i "Tre Rifugi", o il "Triplice Gioiello". Inoltre hanno acquisito il significato simbolico di qualit&agrave; - rispettivamente Saggezza, Verit&agrave; e Virt&ugrave; - che &egrave; possibile sviluppare dentro di s&eacute;.
    Dopo la morte del Buddha, il suo insegnamento varc&ograve; i confini dell'India per diffondersi in Asia e altrove, subendo l'influenza delle diverse culture locali e dando origine a numerose "scuole". A grandi linee, tali scuole si possono riassumere in tre principali correnti: Theravada (l'Insegnamento degli Anziani) tuttora fiorente nello Sri Lanka, in Birmania e in Tailandia; Mahayana (il Grande Veicolo) che abbraccia le varie tradizioni sorte in Cina, in Corea e in Giappone; e Vajrayana (il Veicolo adamantino), associato principalmente con il Tibet.
    Insegnanti appartenenti a tutte e tre le scuole sono approdati in Occidente. Alcuni preservano il proprio lignaggio spirituale secondo la forma del paese di origine, mentre altri hanno adottato approcci meno tradizionali.
    L'approccio illustrato qui e le citazioni che seguono appartengono alla tradizione Theravada.
    Il sentiero buddhista

    Il Buddha ha insegnato una via di risveglio spirituale, una disciplina che &egrave; possibile applicare nella propria vita quotidiana. Il sentiero della pratica si pu&ograve; suddividere in tre aspetti che si sostengono a vicenda: virt&ugrave;, meditazione e saggezza.
    "Dove c'&egrave; virt&ugrave; c'&egrave; saggezza, e dove c'&egrave; saggezza c'&egrave; virt&ugrave;. Il virtuoso ha saggezza, il saggio ha virt&ugrave;, e saggezza e bont&agrave; sono quanto vi &egrave; di pi&ugrave; desiderabile al mondo"
    Virt&ugrave;
    Si pu&ograve; esprimere formalmente il proprio impegno nella pratica buddhista chiedendo a un monaco o a una monaca di prendere i tre Rifugi e i cinque Precetti, in un monastero buddhista, oppure informalmente, a casa propria, con un atto di deliberata adesione personale. Prendere i Rifugi implica l'impegno a vivere in accordo con i principi della saggezza, della verit&agrave; e della virt&ugrave;, giovandosi degli insegnamenti e dell'esempio del Buddha. I cinque Precetti sono regole di autodisciplina da applicare nella vita quotidiana:
    1. Astenersi dall'uccidere o danneggiare qualunque creatura vivente
    2. Astenersi dal prendere ci&ograve; che non ci &egrave; stato dato
    3. Astenersi da una condotta sessuale irresponsabile
    4. Astenersi da un linguaggio falso o offensivo
    5. Astenersi dall'assumere bevande alcoliche e droghe
    Vivendo in questo modo si incoraggiano la disciplina e la sensibilit&agrave; necessarie per chi voglia coltivare la meditazione, che &egrave; il secondo aspetto del sentiero.
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    Meditazione
    Secondo l'accezione pi&ugrave; vasta del termine, "meditare" significa dirigere ripetutamente l'attenzione su un'immagine, una parola o un tema allo scopo di calmare la mente e riflettere sul significato dell'oggetto prescelto. Nella pratica buddhista della "meditazione di consapevolezza", l'attenzione focalizzata ha anche un altro scopo - approfondire la comprensione della natura della mente. A tal fine la funzione dell'oggetto di meditazione &egrave; fornire un punto di riferimento stabile che faciliti l'emersione di inclinazioni altrimenti celate dall'attivit&agrave; superficiale della mente.
    Il Buddha esortava i suoi discepoli a prendere come oggetto di meditazione il proprio corpo e la propria mente. Un oggetto frequentemente utilizzato, ad esempio, &egrave; la sensazione associata all'inspirazione e all'espirazione nel corso del naturale processo respiratorio.
    Sedersi in silenzio prestando attenzione al respiro porta, col tempo, allo sviluppo di chiarezza e calma. In questo stato mentale &egrave; possibile discernere pi&ugrave; chiaramente tensioni, aspettative e umori abituali, e scioglierli con l'esercizio di un'investigazione delicata e al tempo stesso penetrante.
    Il Buddha ha insegnato che &egrave; possibile sostenere la meditazione nel corso dell'attivit&agrave; quotidiana, e non solo quando si siede immobili in un certo luogo. Si pu&ograve; portare l'attenzione sul movimento del corpo, sulle sensazioni fisiche o sul flusso di pensieri e sentimenti che si avvicendano nella mente. Questa attenzione dinamica si definisce 'presenza mentale', o consapevolezza.
    Il Buddha spieg&ograve; che la presenza mentale si esprime in un'attenzione serena ed equanime. Bench&eacute; centrata sul corpo e sulla mente, &egrave; un'attenzione spassionata, non vincolata ad alcuna specifica esperienza fisica o mentale. Questo distacco &egrave; un precursore di ci&ograve; che il Buddha chiam&ograve; Nibbana (o Nirvana) - una condizione di pace e felicit&agrave; indipendente dalle circostanze. Il Nibbana &egrave; uno stato "naturale", ossia non &egrave; qualcosa che dobbiamo aggiungere alla nostra vera natura; &egrave; il modo di essere della mente quando &egrave; libera dall'ansia e dalle abitudini dettate dalla confusione. Cos&igrave; come un sogno si dilegua spontaneamente al risveglio, allo stesso modo la mente che si rischiara per effetto della consapevolezza non &egrave; pi&ugrave; offuscata da pensieri ossessivi, dubbi e preoccupazioni.
    Tuttavia, sebbene la consapevolezza sia lo strumento principale, in genere c'&egrave; bisogno di indicazioni su come fondare un approccio obbiettivo all'osservazione di se stessi e su come valutare ci&ograve; che la consapevolezza rivela. E' la funzione degli insegnamenti che mirano allo sviluppo della saggezza, o discernimento.
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    Saggezza
    "Non fatevi guidare dalla tradizione, dalla consuetudine o dal sentito dire; dai testi sacri, dalla logica o dalla verosimiglianza, n&eacute; dalla dialettica o dall'inclinazione per una teoria. Non fatevi convincere dall'apparente intelligenza di qualcuno o dal rispetto per un maestro... Quando capite da voi stessi che cosa &egrave; falso, stolto e cattivo, vedendo che porta danno e sofferenza, abbandonatelo ... E quando capite da voi stessi che cosa &egrave; giusto ... coltivatelo"
    Gli insegnamenti sapienziali del Buddha pi&ugrave; direttamente applicabili non riguardano la natura di Dio o della verit&agrave; ultima. Il Buddha riteneva che tali argomenti fossero non di rado fonte di disaccordo e controversie, se non addirittura di violenza reciproca. La saggezza buddhista si interessa piuttosto di quegli aspetti dell'esistenza che sono direttamente osservabili, e che non implicano l'adesione a un credo. Gli insegnamenti vanno verificati alla luce dell'esperienza personale. I modi di esprimere la verit&agrave; possono variare a seconda delle persone. Ci&ograve; che veramente conta &egrave; la validit&agrave; dell'esperienza, e se tale esperienza conduce a un modo di vivere pi&ugrave; saggio e compassionevole.
    Si tratta dunque di uno strumento per sgombrare il campo dalle nostre idee inadeguate sulla realt&agrave;. Quando la mente si rischiara, la verit&agrave; assoluta - comunque la si voglia definire - si palesa spontaneamente.
    Le quattro nobili verit&agrave;
    Per aiutare i suoi interlocutori a capire come la concezione ordinaria della vita sia inadeguata, il Buddha parlava di dukkha (termine che con qualche approssimazione si pu&ograve; rendere con "insoddisfazione", "inappagante"). Una definizione sintetica del suo insegnamento, a cui il Buddha stesso ricorreva di frequente, ce lo propone come "la verit&agrave; circa dukkha, la sua origine, la sua fine e il sentiero che porta alla fine di dukkha". Con l'espressione "le quattro nobili verit&agrave;", si allude appunto al nucleo fondamentale del messaggio del Buddha, una sorta di modello da applicare e verificare nel contesto dell'esperienza personale.
    La prima nobile verit&agrave;: c'&egrave; dukkha
    La vita come normalmente la conosciamo include necessariamente una certa dose di esperienze spiacevoli, di cui malattia, dolore fisico e disagio psicologico sono gli esempi pi&ugrave; ovvi. Anche nelle societ&agrave; economicamente pi&ugrave; avanzate, ansia, tensione fisica e mentale, demotivazione o un sentimento di inadeguatezza esistenziale sono comuni fattori di sofferenza.
    A questo si aggiunge la limitatezza e la precariet&agrave; delle esperienze piacevoli; ad esempio, si pu&ograve; sperimentare dukkha in seguito alla perdita di una persona cara, o alla cocente delusione inflittaci da un amico. Potremmo accorgerci, inoltre, che a lungo andare non &egrave; possibile alleviare questi sentimenti spiacevoli attraverso le nostre strategie abituali, come ad esempio la ricerca di gratificazione, di maggiore successo o di una nuova relazione. Questo perch&eacute; la fonte di dukkha &egrave; un bisogno di natura interiore.
    E' una sorta di nostalgia, un desiderio profondo di comprensione, di pace e di armonia. La natura in ultima analisi interiore o spirituale di questo bisogno rende inefficaci i tentativi di appagarlo aggiungendo alla nostra vita oggetti piacevoli. Finch&eacute; sussiste la motivazione a ricercare l'appagamento in ci&ograve; che &egrave; transitorio e vulnerabile - e basta un minimo di introspezione per accorgerci di quanto siano vulnerabili il nostro corpo e i nostri sentimenti - saremo soggetti alla sofferenza della delusione e della perdita.
    "Essere uniti a ci&ograve; che non piace &egrave; dukkha, essere separati da ci&ograve; che piace &egrave; dukkha, non ottenere ci&ograve; che si desidera &egrave; dukkha. In breve, le attivit&agrave; abituali e automatiche del corpo e della mente sono dukkha."
    La seconda nobile verit&agrave;: dukkha ha un'origine.
    L'intuizione del Buddha fu capire che questa motivazione distorta &egrave; in sostanza l'origine dell'insoddisfazione esistenziale. E perch&eacute;? Perch&eacute; continuando a cercare la felicit&agrave; in ci&ograve; che &egrave; transitorio, perdiamo quello che la vita potrebbe offrirci se fossimo pi&ugrave; attenti e pi&ugrave; ricettivi spiritualmente. Mancando di attingere, per ignoranza, al nostro potenziale spirituale, ci lasciamo guidare da sensazioni e stati d'animo. Quando per&ograve; la consapevolezza ci rivela che si tratta di un'abitudine, non della nostra vera natura, ci rendiamo conto che il cambiamento &egrave; possibile.
    La terza nobile verit&agrave;: dukkha pu&ograve; avere fine.
    Una volta compresa la seconda verit&agrave;, la terza ne discende naturalmente, se siamo capaci di "lasciar andare" le nostre abitudini egocentriche consce e inconsce. Quando smettiamo di reagire aggressivamente o di metterci sulla difensiva, quando rispondiamo alla vita liberi da pregiudizi o idee fisse, la mente ritrova la sua naturale armonia interna. Le abitudini e le opinioni per cui la vita appare ostile o inadeguata vengono intercettate e disattivate.
    La quarta nobile verit&agrave;: c'&egrave; una via per mettere fine a dukkha.
    Si tratta di principi generali in base a cui si pu&ograve; vivere la vita attimo per attimo in una prospettiva spirituale. Non &egrave; possibile "lasciar andare" se non attraverso la coltivazione della nostra natura spirituale. In virt&ugrave; di una pratica appropriata, invece, la mente comincia a rivelare la sua spontanea inclinazione per il Nibbana. Non serve altro che la saggezza di riconoscere che c'&egrave; una via, e che esistono gli strumenti per realizzarla. Tradizionalmente, la via viene descritta come il "Nobile ottuplice sentiero". Il simbolo della ruota, cos&igrave; comune nell'iconografia buddhista, &egrave; una rappresentazione dell'ottuplice sentiero, in cui ciascun fattore sostiene ed &egrave; sostenuto da tutti gli altri. La pratica buddhista consiste nel coltivare questi fattori, ossia: retta concezione, retta intenzione, retta parola, retta azione, retti mezzi di sussistenza, retto sforzo, retta attenzione e retta concentrazione.
    Sono definiti "retti" in quanto implicano uno stile di vita che &egrave; in accordo con la virt&ugrave;, la meditazione e la saggezza, piuttosto che prendere le mosse da una posizione egocentrica. Dunque &egrave; una via che &egrave; "retta" in relazione tanto agli altri che a se stessi.
    "Chi ha comprensione e saggezza non concepisce di arrecare danno a se stesso o a un altro, o di arrecare danno a entrambi. Piuttosto, egli &egrave; intento al proprio bene, al bene dell'altro, al bene di entrambi, al bene del mondo intero."
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    Sul sentiero
    Domandarono al Buddha perch&eacute; i suoi discepoli sembrassero sempre cos&igrave; allegri; la sua risposta fu: "Non rimpiangono il passato n&eacute; si preoccupano del futuro; vivono nel presente, ecco perch&eacute; sono gioiosi".
    Chi ha coltivato compiutamente questo sentiero, trova serenit&agrave; e pazienza dentro di s&eacute; nei momenti difficili, e il desiderio di condividere con gli altri la buona ventura quando le cose vanno bene. Vive libero dal senso di colpa, e, invece di subire violenti cambiamenti d'umore, la mente e il cuore restano saldi e sereni nelle diverse circostanze della vita.
    Questi sono i frutti; ma, come tutti i frutti, richiedono l'impegno generoso di una coltivazione graduale e costante. Per questo motivo, la guida, o semplicemente la compagnia, di persone affini &egrave; pressoch&eacute; indispensabile. Prendere rifugio nel Sangha &egrave; un modo per riconoscere questo fatto. In senso lato, il Sangha &egrave; la comunit&agrave; degli amici spirituali, tradizionalmente esemplificata dall'ordine religioso mendicante la cui regola esprime inequivocabilmente i valori della spiritualit&agrave; buddhista.
    I monaci e le monache non sono predicatori: &egrave; espressamente proibito loro di insegnare, a meno che non ne vengano richiesti; sono soprattutto compagni di strada sul cammino spirituale, e il loro rapporto con la pi&ugrave; ampia comunit&agrave; dei laici &egrave; improntato al reciproco sostegno. La regola vieta loro di coltivare la terra e di possedere denaro; devono dunque restare in contatto con la societ&agrave; e dimostrarsi degni del sostegno che ricevono.
    I monasteri buddhisti non sono fatti per fuggire dal mondo, sono luoghi dove la gente pu&ograve; venire a stare, ricevere insegnamenti e, soprattutto, sentire che il suo atto di servizio e sostegno viene apprezzato. In questo senso, monaci e monache offrono qualcosa di pi&ugrave; che amicizia e guida spirituale: creano l'opportunit&agrave; di sviluppare fiducia e rispetto di s&eacute;.
    "Non sottovalutate l'efficacia del bene, pensando: 'nulla mi aiuter&agrave; a progredire'. Una brocca si riempie con un flusso costante di gocce d'acqua; allo stesso modo, il saggio progredisce e consegue la felicit&agrave; a poco a poco"
    La spiritualit&agrave; non pu&ograve; che essere oggetto di interesse e responsabilit&agrave; personali. La verit&agrave; non si pu&ograve; trasmettere con l'indottrinamento. Tuttavia, quando &egrave; disponibile un metodo completo e coerente come quello del Buddha, vale la pena esplorarlo.
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    Vedete anche:
    "Il Buddha e il suo messaggio" del venerabile Bhikkhu Bodhi (Discorso in occasione della prima celebrazione ufficiale del Vesak 2000 alle Nazioni Unite.)




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    http://santacittarama.altervista.org/buddhismo.htm
     

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